Il calendario economico di questa settimana non è ricco di eventi rilevanti. Inoltre la settimana sarà breve per i mercati statunitensi: mercoledì si assisterà a una sessione di trading ridotta e giovedì sarà un giorno di riposo. L'attività di trading in questo periodo è più bassa del solito, anche a causa del vuoto informativo. Perciò ogni comunicato, come si suol dire, vale oro. In questo contesto la giornata di oggi assume un'importanza particolare, perché verranno divulgati i principali report macroeconomici della settimana; poi seguirà silenzio e pubblicazioni secondarie.
Pertanto, durante la sessione di scambi americana di martedì verranno resi noti i dati sulla crescita del PIL degli Stati Uniti, l'indice di fiducia dei consumatori del Conference Board, gli ordini di beni durevoli, l'indice manifatturiero della Fed di Richmond e i dati sulla produzione industriale USA.
Tale concentrazione è dovuta in parte alle conseguenze dello shutdown: a causa della prolungata sospensione dell'attività del governo statunitense la pubblicazione di molti report è stata posticipata.
Al centro dell'attenzione c'è il rapporto sulla crescita dell'economia americana relativo al terzo trimestre. Il Bureau of Economic Analysis (BEA) ha annullato la prima stima del PIL che avrebbe dovuto essere pubblicata il 30 ottobre. Invece oggi il BEA pubblicherà una stima iniziale (initial estimate), che include dati preliminari su PIL e utili societari. Questa stima sostituirà entrambe le prime valutazioni (advance + second), poiché non sono state pubblicate in tempo. La valutazione finale (third estimate) sarà resa nota alla fine del mese prossimo, il 26 gennaio.
Secondo la maggior parte degli analisti, il PIL statunitense è cresciuto del 3,2% nel terzo trimestre, dopo un aumento del 3,8% nel trimestre precedente. Va però notato che la crescita del PIL nel secondo trimestre era stata in parte "gonfiata" dai dati sul commercio estero. Dopo un forte aumento delle importazioni nel primo trimestre (circa +40 %, dovuto ai preparativi delle imprese per possibili aumenti dei dazi), le importazioni sono poi scese bruscamente, mentre le esportazioni sono rimaste relativamente stabili. Di conseguenza il contributo netto del commercio estero al PIL è stato positivo, ma non rifletteva un vero acceleramento dell'economia interna, risultando in larga misura un fattore tecnico/temporaneo.
Proprio per questo il risultato previsto per il terzo trimestre - 3,2 % - potrebbe offrire un supporto significativo al dollaro, grazie a una struttura della crescita di "qualità superiore": il contributo delle esportazioni nette sarà neutrale o addirittura negativo, il che significa che la crescita sarà trainata da consumi e investimenti.
Tuttavia, nonostante il consensus relativamente ottimistico, diversi indicatori macroeconomici di natura più tempestiva segnalano il rischio di un esito più debole. Ad esempio inquieta la dinamica dell'indice manifatturiero ISM: da marzo è sotto la soglia dei 50 punti, segnalando contrazione dell'attività. Pur essendo la quota del settore manifatturiero del PIL USA relativamente contenuta, la debolezza dei sottoindici (nuovi ordini, occupazione, produzione) può trasformarsi in un contributo negativo da parte degli investimenti delle imprese e delle variazioni delle scorte.
Ancor più rilevante per il PIL potrebbe essere il rallentamento dei consumi privati, che rappresentano circa il 70 % dell'economia. I dati tempestivi sulle vendite al dettaglio e sulle spese personali indicano un rallentamento della crescita reale dei consumi, in particolare nel segmento dei beni. In assenza di un'accelerazione del PCE reale, l'economia perderebbe il suo principale motore necessario per sostenere una crescita annua superiore al 3 %.
Un ulteriore fattore di rischio è la dinamica delle scorte. I sondaggi sulla fiducia delle imprese (incluso l'ISM citato) indicano eccesso di magazzino, il che aumenta la probabilità che le scorte contribuiscano negativamente al calcolo del PIL. Considerata l'elevata volatilità di questa componente, anche una correzione moderata delle scorte può ridurre significativamente il tasso di crescita finale del dato principale.
Anche il settore immobiliare può esercitare un impatto negativo sul PIL, rimanendo sotto pressione a causa dei tassi d'interesse elevati. Una debole dinamica nella costruzione e nelle vendite di abitazioni limita il contributo degli investimenti residenziali (residential investment), che in un contesto finanziario restrittivo tende a fungere da fattore frenante anziché da volano.
In sintesi, la combinazione di un settore industriale debole, il rallentamento dei consumi reali e la correzione delle scorte potrebbe tradursi in un tasso di crescita effettivo inferiore al previsto 3,2 %.
Se il dato principale risultasse significativamente inferiore alle attese, sul mercato riprenderebbero le speculazioni su maggiori probabilità di tagli dei tassi all'inizio del prossimo anno. Al momento la probabilità di un taglio a gennaio è stimata solo al 19 % secondo lo strumento CME FedWatch, mentre le attese per un taglio a marzo sono attestate al 50/50. Il tono negativo del comunicato potrebbe far pendere la bilancia verso uno scenario accomodante, specialmente se anche gli altri report pubblicati oggi (indice di fiducia dei consumatori, indice manifatturiero della Fed di Richmond, ordini di beni durevoli e produzione industriale) dovessero deludere i tori del dollaro.
Data questa incertezza, è consigliabile restare fuori dal mercato ora: il rapporto sulla crescita del PIL potrebbe "ridipingere" il quadro fondamentale della coppia EUR/USD, sostenendo il biglietto verde o esercitando su di esso un'ulteriore (e significativa) pressione.